lunedì 20 aprile 2009

a ROMA, 24 aprile, ore 18:30
Aula Magna dell’Accademia Nazionale S.Luca,
p.zza dell’Accademia di S.Luca 77 - Valeria Palumbo e Monica Grasso parlano di
LA CONQUISTA DEL VOLTO, Donne nell'arte tra ritratto e autoritratto.

martedì 7 aprile 2009

Lilith ed il disvelamento maschile

Livia Bidoli intervista Valeria Palumbo.
su www.gothicnetwork.org/articoli/valeria-palumbo-lilith-disvelamento-maschile

Caporedattore di L’Europeo, Valeria Palumbo da anni si occupa di donne su cui ha scritto sette libri e sta per approdare all’ottavo. Il precedente a Le figlie di Lilith per cui la intervisto, è stato Svestite da uomo, in cui offriva un panorama di tutte quelle donne che, per avanzare nella società e per loro gusto, indossavano abiti maschili.
Qui indaga come, donne di nuovo ribelli, da Alma Mahler a Liala, fino alle futuriste, abbiano combattuto una battaglia ancora del tutto aperta.


D Lilith è la prima moglie ripudiata di Adamo, ripudiata soprattutto perché non accettava il ruolo di sudditanza del femminile al maschile. Dare un titolo come Le figlie di Lilith ad un libro significa in sostanza andare a scoprire un mondo sottratto al dominio del maschile, autonomo e rivoluzionario nei suoi contenuti e nel suo rapporto – paritario – ancora con il maschile.
R Trovo molto interessante il fatto che quello di Lilith sia un mito "non chiaro", una sorta di spauracchio che si aggira nell'antichità tra le culture più fortemente maschiliste. Come aveva ben spiegato Ida Magli prima di diventare una feroce conservatrice misogina, la grande paura maschile è il non sapere di chi sia il figlio della propria moglie. Paura di fatto comprensibile in culture povere e spelacchiate come quella ebraico-palestinese nella quale la miseria rende necessario sapere a chi, esattamente, si lasciano le capre. Da qui tutta una serie di meccanismi di controllo, fino all'ossessione.

D La gelosia o meglio, la possessività maschile, è strettamente legata a questo meccanismo di controllo che, purtroppo (e lo vediamo dai casi eclatanti di violenza dai quali spesso le donne non si difendono), viene recepito come interesse ed “amore” dalle donne stesse. E l’impotenza maschile invece, come viene sottratta alla denuncia, forse proprio dalla violenza sul femminile?
R La gelosia, per fare una battuta paradossale, non è un sentimento: è un meccanismo economico. E convive con un'altra paura-ossessione maschile: quella della denuncia dell'impotenza. La denuncia, bada bene. Non l'impotenza stessa che, a mio parere, spiega molti comportamenti maschili e una buona fetta della cultura tradizionale. Ma la denuncia è insopportabile perché rende evidente l'inutilità stessa del maschio: a che serve un maschio impotente? Ecco, Lilith è l'incarnazione della paura del disvelamento dell'impotenza. Ovvero la paura della schiavitù che la donna, sottratta alla maternità, può immediatamente imporre al suo compagno: io ti tengo in pugno, dice lei, con l'attrazione sessuale, ma tu?

D E questo spiegherebbe proprio l’inesistenza della ninfomania, che è piuttosto un modo di nascondere la propria – maschile – inadeguatezza a rispondere alla ricerca di soddisfazione sessuale da parte del femminile (cfr. Umberto Galimberti, Il corpo, Feltrinelli) ovvero una proiezione della paura del maschile per la potenza del desiderio femminile? E perché è potentemente riemersa proprio nell’800 e nella qualità ferinamente seduttiva della donna rappresentata nei quadri dei pittori preraffaelliti?
R Io credo che questo fantasma, dopo secoli di "giacenza" sia riemerso nel XIX secolo perché l'Ottocento, e al suo interno la società borghese, deve affrontare da una parte il problema della limitazione delle nascite (paradossale, ma proprio quando i bambini non muoiono più come funghi... non servono più), e quindi della liberazione della donna dalla maternità perpetua (tanto che si inventeranno le guerre mondiali e la "fame di carne da cannone" pur di tenere le donne inchiodate a quel ruolo di fattrici. Dall'altra il fatto che, in un contesto borghese, così fitto di regole, anche il maschio si sente in trappola. Da qui il fascino-repulsione per la donna senza limiti, la puttana, la "perduta", la femme fatale e, infine, la diva. Ovvio che cadere nella sua trappola, laddove non è più possibile credere che condurrà all'inferno, porta almeno alla malattia: le malattie veneree sono un pericolo reale ma anche uno straordinario spauracchio psicologico e sociale. Pensiamo solo a ciò che dice oggi il papa dell'Aids: la Chiesa ha bisogno dell'Aids perché sa benissimo che la sola minaccia dell'inferno non ferma gli uomini dall'eros. E l'eros libero rende le persone (e soprattutto le donne) incontrollabili e ingestibili.

D Quindi chi controlla la sessualità controlla le donne e non per il loro bene od il loro soddisfacimento.
R Giusto. Non è un caso che alla fin fine gran parte delle "trasgressioni" delle piccole borghesi che si ispiravano alle femmes fatales consistesse nell'adulterio: quella è la "grande paura". L'adultera, per questo, è senz'altro più pericolosa della suffragetta casta, perché la suffragetta vuole solo, in fondo, inserirsi in un ordine sociale e politico già costituito. L'adultera, che non si sogna nemmeno di contestarlo, in realtà lo scardina dal profondo: chi obbedirà più a un uomo che tutti sanno "cornuto" (e quindi impotente, e quindi privo di potere di attrazione, e quindi senza discendenza certa, etc.)?


D Per tornare alla rappresentazione pittorica della donna ferina da parte dei Preraffaelliti e della pittura del tardo Ottocento, in particolare la Lady Lilith (poema e quadro) di Dante Gabriel Rossetti, quale potenza rappresenta per il femminile?
R I preraffaelliti sanno benissimo che Lilith è sottratta al potere degli uomini. Li fa schiavi certo, ma soprattutto li ignora, ne fa a meno. E questo diviene ancora più vero con la Salomé di Gustave Moreau e la Giuditta di Klimt. Giuditta ci colpisce non tanto perché ha decollato Oloferne (quella di Artemisia Gentileschi ha più forza, ma è dentro la storia, la vive con passione), ma perché ne indossa la testa come se fosse una borsetta. L'Oloferne di Artemisia Gentileschi è un uomo sconfitto. Quello di Klimt non è neanche un uomo: è un accessorio.


D Ma come si sottrae Lilith al potere dell’uomo: sedurre non significa a propria volta essere sedotti?
R Io credo che alla fin fine più che il desiderio femminile (che certo, però, è quello che svela l'impotenza maschile quando, una volta liberato, non viene soddisfatto), è la mancanza di desiderio che spaventa e che costituisce l'essenza di Lilith: Lilith consuma l'uomo con il sesso ma non ne ha bisogno. E' frigida. Come Les Grands Horizontales. Solo la frigidità, tratto tipico della femme fatale e della diva, permette di controllare fino in fondo il proprio potere seduttivo.


D Apriamo un panorama più ampio. A differenza di ciò che accadeva soprattutto nel ‘700 (pensiamo alla corte del Re Sole, cfr. Amanti e regine di Bendetta Craveri, edito da Adelphi), ovverosia al ruolo di potere che apparteneva alle amanti del re e dei potenti, conosciuto ma giocato nell’ombra, le donne futuriste e le dive della anni ’20 e ‘30 ambivano a raggiungere la ribalta dei palchi e delle vetrine dei circoli d’élites culturali indipendentemente dai loro amanti, anzi, a volte erano loro che li mantenevano e questo in qualche modo veniva giudicato come compromettente alla pari di fare la parte delle amanti. Come spieghiamo questo cambiamento e quale la differenze tra queste donne?
R Quanto alle amanti del Settecento e alle cocottes Ottocentesche, fino alle muse eccentriche come Luisa Casati nel Novecento, è difficile, come al solito, tracciare confini netti. Io dico che, come ha compreso benissimo Umberto Notari, in La donna Tipo Tre, la vera e unica differenza la fa l'autonomia finanziaria. Le donne sono diventate "potenti" quando la loro esistenza non è più dipesa da un uomo e questo crea un abisso tra le grandi cortigiane e, per esempio, le attrici.


D Ritorniamo al presente. Possiamo dire che attualmente esiste un tipo di donna simile alle femmes fatales e che in qualche modo si sia evoluta al punto di non tenere conto del retrivo pregiudizio culturale onnipresente in una cultura cristiana come la nostra?
R Ovvio che oggi la situazione è del tutto diversa e che le donne che mantengono i loro uomini (sempre di più) non abbiano nulla di scandaloso da noi. Resta e forse si è allargato il problema dell'impotenza maschile: ora che il re è nudo tende a essere perfino più violento. Anche se, intendiamoci bene, tutte le società tradizionali si fondano sullo stupro. Quindi altro che bei tempi antichi. Oggi Lilith ha vinto: l'uomo deve chiedere il permesso. A volte reagisce male. La partita, insomma, è in parte ancora da giocare. Poi, secondo me, si potrà anche ridiscutere che cosa esattamente sia il potere. Ma mi fanno molto sorridere le donne che inneggiano alla "differenza": quasi sempre, temo, esprimono la stessa paura del potere del desiderio femminile che hanno gli uomini.

7 aprile 2009